martedì 29 giugno 2010
sabato 29 maggio 2010
Tu chiamale, se vuoi, elezioni
Il 12 e 13 Maggio ci sono state le elezioni universitarie, non sono stato a votare, mi sembrava inutile considerato che a Luglio non sarò più uno studente universitario, e non che non avessi constatato come fosse una cosa esattamente inutile anche ogni qualvolta che invece mi sono recato a votare negli anni trascorsi.
In ogni caso, alla biblioteca dove mi reco a raccogliere materiale per la tesi, il profumo elezionico si respirava nell'aria, soprattutto per i volantini di ogni razza e colore che puntalmennte affollavano i banchi e, accartocciati, il pavimento. Sì, un po' palloso. Come certa pubblicità che intasa la cassetta delle lettere, sulla quale vorresti appendere un preventivo cartello "Grazie, non compro Iphone, niente televisori al plasma, il mio frigorifero funziona benissimo!" . O come certi rimasugli di verdurine affettate che intasano il lavello in cucina. O come certi stron...va bene, basta così.
Fatto sta che, a mano a mano che l'appuntamento elettorale si avvicinava, l'aria diventava sempre più irrespirabile a causa di tanta effervescenza democratica che ammantava ogni corridoio, ogni ballatoio, ogni cesso. Sì, anche ogni cesso.
Sono state proprio alcune pisciate pre e post elettorali a solleticare le mie riflessioni.
Un giorno mi reco alla toilette e non posso fare a meno di notare l'adesivo "Io sto con Pallino Pinco, il 12-13 Maggio vota Cazzi Sti" affisso sul bussolotto della carta igienica.
Penso. Diamine, appena trovo uno di questi adesivi lo attacco direttamente sul copriwater sollevato, almeno sta più vicino al posto che merita. Subito dopo penso. Mmm, meglio di no. Un simile gesto sarebbe solo un invito per un monte di gente a pisciarci sopra, col risultato di spisciacchiare per tutto il pavimento del bagno. Le condizioni di civiltà dell'ateneo sono già abbastanza precarie per mettersi pure a invitare la lepre a correre.
Due giorni dopo mi reco in un'altra toilette, nel medesimo edificio. La tazza in cui orino reca uno di quegli adesivi, drammaticamente appeso sopra ad un copriwater sollevato e pisciosissimo. Troneggiante sopra un pavimento pieno di democratiche pozze gialle.
Da da pensare.
domenica 25 aprile 2010
Good time for a change...
certo, da un po' di tempo a questa parte sto scrivendo pochissimo, e senz'altro sarà così fino a luglio, quando la tesi lascerà di nuovo spazio alle fantasie, ai racconti, alle idee per ripopolare questo spazio...
Una cosa però mi auguro e mi riprometto: di non scrivere più di una certa persona.
Il tempo delle cose immaginate e trasognate ha piano piano lasciato spazio ai pensieri cangianti, alla necessità di sfogare sentimenti compressi, allo snocciolamento di pillole, agli spaesamenti, al bisogno di rovistare tra i cassetti e riordinare le idee, in quella testa pesante, che sembrava non voler smettere di girare, che non riusciva a capire più neanche le cose più semplici.
Poi è iniziato il tempo della realtà, di quelle capaci di superare la fantasia, una realtà così piena e così tutta da scrivere che qualsiasi cosa io potessi raccontare o immaginare su di essa sarebbe come mancarle di rispetto.
Eppure ci sarebbe così tanto inchiostro blu da dire, così tante fantasie a colori da cui lasciarsi cullare...
ci sono minuti che inseguono minuti che inseguono giorni, e tutti pieni di momenti memorabili, di frasi da appuntarsi affannosamente, di sorprese da infilare in scatole di latta (ne facessero di così grandi), di foto da scattare a tradimento, di raffiche di battute da scriversi o da immortalare con una videocamera o un fotoromanzo...verrebbe voglia di farlo, in effetti, per conservare in uno scrigno indelebile tanta irripetibile luccicante preziosità. Ma ogni momento sprecato a mettere in cassaforte tali tesori, sarebbe tempo sottratto a questa cosa da vivere, fino all'ultimo sorso. E chissà per quanto tempo ancora ci terrà svegli la sete.

Dunque, per una volta, nessun bisogno di armarsi di penna, di Moleskine, di battere tasti su una tastiera: ogni giorno che passa scrive sulla mia pelle, per mio conto, i ricordi e i racconti più belli. E in rispetto alla loro unicità, a ciò che li rende così speciali, sta anche il fatto che, così facendo, solo noi saremo gli inconsapevoli eletti, ad assistere a tale spettacolo per nessun altro, senza seconde visioni. Solo a noi il peso leggerissimo di ricordare o dimenticare ogni attimo, ogni sua scintilla, per sempre.
Well, the pleasure, the privilege is mine.
domenica 21 marzo 2010
giovedì 18 febbraio 2010
Disorder
sabato 6 febbraio 2010
Se non puoi evolverti, cerca almeno di estinguerti con classe.
Ecco, adesso potrei dire la stessa cosa, se non fosse che io mi sforzo esattamente del contrario, di non pensare, di non comunicare, di non esprimere questo silenzio, così duro da raccontare.
Continuo a fuggire. Dannato figlio di puttana. Dove credi di scappare? La persona che amo è uno specchio che mi schiaccia la faccia alle mie (ir-)responsabilità. Ho sempre sofferto le sue fughe, come sopportare me stesso, che sono sempre fuggito, forse, più di lei? Fughe con disonore. Fughe da fermo. Io stavo li, ma invisibile, nascosto dietro al mio terrore. Affetto dallo psicodramma della talpa di Jodorowsky (El topo), un animale che scava gallerie sottoterra, il cui unico obbiettivo è vedere il sole. Talvolta il sentiero lo conduce in superficie. Quando vede il sole diventa cieco.
Non ho trovato niente di più intelligente da dire se non negare, dirle che "tutto sommato non è che sia così innamorato", che non ci penso al futuro, che mica mi preme spingere per dare una direzione a questo rapporto, sto solo facendo di tutto per risolvere i miei problemi, quello si, e poi? continuare a sparire ogni volta che lascio quella casa, convinto che sia quello che vuole, convinto di recitare la parte che lei mi ha assegnato, che si tratti solo di un profondo rispetto per la sua indipendenza. Ma lei lo sa che è così? o vede solo uno stronzo che scappa, o peggio ancora, che si fa i cazzi suoi? Come faccio a spiegarle che nei giorni che seguono, quando rimastico e mi godo in silenzio la notte trascorsa con lei, le sono più vicino che mai, persino più di quando tremo al suo fianco? finalmente al sicuro dal mal di pancia, impertinente, che estorce la mia attenzione, e dalla forza dei suoi abbracci e degli sguardi con cui mi sconvolge ogni volta, come faccio a dirle che è l'unico momento in cui posso farmi accarezzare senza sentire male?
Eroe distratto. Vorrei essere un Orfeo malato che da forza e coraggio al suo canto eccelso, affidare alla mia lira dolce le canzoni che ti ho nascosto. E invece sono un'Euridice, fredda, addormentata nel suo inferno dorato. Gettate alle ortiche i miei intrugli erboristici e iniziato finalmente al tepore delle Benzodiazepine. Le unghie rotte, a forza di scavare questo fondo, inchiodato con queste stesse mani. Come un principiante in una partita a scacchi, sento il ticchettìo di una trappola che scattaerà, da un momento all'altro. No, non ci saranno molti appelli ancora. Nessuna scelta. Andare una volta per tutte incontro alla mia paura di perdere il controllo, accettarne qualsiasi prezzo, spettro delle possibilità: morire, perdermi, il ridicolo, soffrire, svegliarmi da solo in una terra straniera...non ho ancora capito quale sia il mostro da cui sto scappando. Quello che è certo è che se non accetterò di sfidarlo, lo incontrerò molto presto, consegnato al nemico in una busta di plastica. Senza colpo ferire.
Ormai di carte da giocare ne son rimaste davvero poche. Spero che questa consapevolezza mi dia la disperazione sufficiente a sputare l'acqua salata dai polmoni. Tossire. Reagire. Avere il coraggio, perlomeno, per una fine rocambolesca.
giovedì 14 gennaio 2010
Calma e gesso
Ricomincia la corsa idiota. Quella su un tapis roulant, o una ruota da criceto se si preferisce, che non fa spostare di molto dalla posizione iniziale. Anno nuovo vita vecchia, si potrebbe dire, con l'aspettativa, in più, che tutti 'sti grappoli verdi si decidano a farsi succosi, in questa ottima annata, come minacciavano, come si facevano desiderare, e possibilmente prima di diventare direttamente aceto.
Ancora mi barcameno tra una Matrioška e un divertente gioco di scatole cinesi. Imparo a carezzare il manto peloso di nausee nuove. Mi meraviglio delle meraviglie del grottesco creato della mia fantasia perversa, sogni didascalici: un inconscio maturo saprebbe fare molto, molto di più.
Aspetto.
Calma e gesso.
Questa tesi è una camera a gas, un palazzo che crolla in città. Questa tesi è una finta sul ring. Una scena al rallentatore.
I miei giorni sono una trincea. E come loro molti rapporti con le persone a me vicine, per non parlare di quelle che non sento da un po'.
Ci vorrebbe uno stuolo di mozziconi di sigarette a terra, e un po' di luce giallastra, almeno tutto quanto prenderebbe un tono da film noir, affascinante alternarsi di dialoghi secchi, in stile Bogart.
Peccato mi manchi le phisic du role, o più semplicemente la faccia di culo.
Piuttosto, se mi cerchi, sono a casa mia. Svenuto sul pavimento.
