giovedì 15 ottobre 2009

Miele amaro



Dedicato ai sogni infranti di Tina. Al dolore, la faccia volutamente dimenticata della natura. Al miele, che nonostante tutto ci regalerà. E alla capacità di sapere ascoltare. Fermarsi. Ripartire. Lottare.


Regy, andiamo al cinema stasera, vieni?

...no....

Regy, andiamo a fare un giro in Vespa, vieni?


...no...

Regy, andiamo a cena dai Calabroni e poi guardiamo un dvd, vieni?

...no...

Ma guardiamo Ecce Bombo…


Ho detto di nooooo!!


Molte delle mie compagne credono che io prenda troppo sul serio l’investitura regale che madre natura mi ha affidato, sospettano che mi sia lasciata abbagliare dal mio rango, fino a diventare tristemente snob ed asociale. Le pareti della mia cella sono così sottili, che non servono Cimici, a sera, per scoprirle a parlare alle mie spalle. Non posso fare a meno di sentire il loro ronzio da Zanzare Tigri:

Chi si crede di essere? Una Farfalla?”
sempre a tirarsela! Ma bada, che prima o poi la Ragnatela si rompe..
Ma andasse a farsi prendere a calci nel sedere da un Millepiedi!

Già le vedo, tra qualche tempo, bussare alla mia porta:

ci spiace…sai…
oh!.. è nata un’altra Regina…chissà com’è….
...sai come vanno certe cose…
non possiamo permetterci una sciamatura…c’è la crisi…
...e bla bla bla…

E mi daranno il benservito. Condanna a morte per iniezione letale. Funerali di stato. Una bella statua di Cera d’api da fare invidia a Madame Thoussaud. E via…ferormoni nuovi vita nuova, altro giro altra corsa…il grande circo della vita.
Le Serventi, almeno loro, mi vogliono bene. Si preoccupano per me. Dicono che lavoro troppo, peggio di una Formica, e che la vita non è fatta per trascinare ogni giorno il proprio fardello, neanche fossi uno Stercorario...mi dicono:

non stare tutto il giorno davanti alla TV a rimpinzarti di pappa reale!

hanno paura che magari possa diventare bulimica, come gli amici della Melata, che si rimpinzano di linfa fino all’orlo, e poi, presi dai sensi di colpa, vomitano palle di zucchero ancora caldo sulle cortecce.

….Ma che ne sanno loro, cosa vuol dire esser Regina.
Io a volte vorrei parlare, provare a spiegare, che ci sono ferite che nessuna Propoli può rimarginare...
...ma tanto che glielo dico a fare...

Erano tutte contente, quel giorno.
Quanto sarà passato? Due anni? Forse tre? Dovrei attorcigliarmi su me stessa e contare i pallini colorati della marcatura sulla mia schiena, per ricordare con esattezza.
C’era un gran sole, questo me lo ricordo, tant’è che tracciare le rotte per le Bottinatrici era un gioco da larve. All’ingresso dell'alveare, accanto alle Guardiane, c’era bisogno delle Ventilatrici per rinfrescare i favi e i melari, dal caldo che faceva.
Le mie sorelle si facevano in quattro per prepararmi al grande evento. Mi stavano tutte addosso come un Glomere. Mi lucidavano le ali, si preoccupavano che tutto andasse liscio:

Ce l'hai qualcosa di blu?
E qualcosa di vecchio?!
E qualcosa di nuovo?!?
E qualcosa di prestato!?!?!

La giarrettiera! non dimenticarti la giarrettiera!!!
Aaaah, cara!

sospiravano,

Vedrai. Il volo nuziale è un'esperienza indimenticabile!

dicevano,

il giorno più bello

dicevano,

te ne ricorderai per il resto della tua vita!


Io ero un po’ spaesata a giro per il bosco, per la prima volta…mi sentivo come Cappuccetto Rosso. Intimorita, timida, e così goffa…nessuna delle mie sorelle ha un sederone come il mio.
Pensavo al Fuco che avrei incontrato. Cercavo di immaginarmelo.
Doveva essere senz’altro un tipo romantico. Si sarebbe presentato con un mazzo di Millefiori e poi mi avrebbe fatto danzare. E avremmo riso.
“E se poi non gli piaccio?” pensavo, guardandomi intorno, alla ricerca di polline di Fiori di Bach per calmarmi.
Ma poi il bosco ti conquista, con tutti quei colori, quegli odori…ho cominciato a volare più veloce, e poi in picchiata, mi sono sentita libera, come non mi ero mai sentita prima, con il vento forte sulla faccia.
Di colpo tutte le preoccupazioni si sono sciolte, come miele grezzo al sole…d’un tratto era come se sapessi perfettamente cosa volevo e dove dovevo andare.

Mi ritrovai in uno spiazzo, vicino ai castagni. Rallentai, stranita, come appena risvegliata dal sonno, perché colpita dal silenzio irreale che improvvisamente era calato.
Ma durò solo un istante. Poi, eccoli arrivare.
Uno, due, tre, quattro. Da destra. Da sinistra. Da dietro, sono ovunque, con quegli occhi enormi, che non vogliono sentire ragioni.
In un attimo sono circondata. Chi mi prende in volo, chi mi sbatte sulle foglie.
Il Branco non ti porta in dono nettare e polline, non ti chiede come stai, non ti dice che sei bella.
Affida la vita e la morte a pochi secondi di passione.
Tutto avviene in silenzio. Rotto soltanto dalla paura, dal ronzare d’ali, delle tue mani che vanno da sole, e dall’attesa che finisca. E pèni appiccicosi che ti restano attaccati, che colano viscere, e la follia di chi si piega al proprio destino.

Quando torni a casa non voli veloce e sicura come quando sei partita. Bruciano gli occhi, ma per il pianto, non per il vento. Non hai voglia di parlare.
Consegni la Teca ormai piena, che ti consentirà di fecondare ogni giorno più o meno due migliaia di uova.
Le tue sorelle ti coccolano, ti accarezzano e ti staccano il macabro regalo, la triste reliquia del tuo ultimo amore. Ti portano nella tua cella, dove ti addormenti di un sonno senza sogni.
La principessa è diventata regina. Il sacrificio è il suo dono, che assicurerà la vita a tutto l’alveare.
Ora sono qui. Servita e riverita.
Ma non ho più sentito i colori, gli odori del bosco e il vento forte sulla mia faccia.


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